Biblioteche

di Stefano D’Andrea

Io sono molto affezionato alla biblioteca comunale come concetto. In un luogo del genere ho passato molte giornate della mia vita di liceale e di universitario, ho conosciuto persone e ho letto libri. Sono tra i fortunati che hanno saputo cogliere le opportunità delle sale lettura e sfruttare il prestito interbibliotecario. Ma in Italia non può essere molto di più, perfino quando lavora al suo meglio. Sono invece ormai molte negli Stati Uniti le biblioteche che  forniscono, durante il giorno, un riparo ai senzatetto, e organizzano per loro cineforum o veri e propri «book club». Nulla di rivoluzionario: il Primo Emendamento della Costituzione americana, quello che garantisce a tutti libero accesso a ogni tipo d’informazione, vieta di selezionare gli utenti, un comportamento che verrebbe bollato subito come discriminatorio. Certo esiste il contrappeso, la legge federale che autorizza  i bibliotecari a imporre alcune regole minime di comportamento, perché la gente deve sapere che quello è un luogo di solidarietà che può visitare senza dover temere di ritrovarsi in sale maleodoranti o di subire l’aggressione di un ubriaco. Nella biblioteca tutti trovano un posto caldo, sempre aperto, con accesso gratuito alla rete, dove si può lavorare o semplicemente socializzare. I bibliotecari, inoltre, hanno imparato ad aiutare le persone bisognose a preparare un curriculum vitae o una domanda d’assunzione. L’anno scorso in tutti gli Stati Uniti le «library» hanno gestito 30 milioni di richieste di lavoro (di cui un milione e 700 mila sono andate a buon fine) e hanno ospitato corsi di aggiornamento professionale per quasi 7 milioni di americani. Davanti all’esercito dei lavoratori stranieri, regolari e non, quasi sempre sospettosi dell’autorità costituita, la «library» si offe come una struttura «neutra», pubblica ma non percepita come un luogo di sorveglianza governativa, alla quale l’immigrato in difficoltà si rivolge con fiducia. E dove, sempre più spesso, trova la possibilità di frequentare corsi gratuiti d’inglese. Io continuo ad amare le biblioteche comunali, ma le sogno migliori di come sono.

Informazioni su Stefano D'Andrea

Stefano D’Andrea, nasce e risiede a Milano, ma si è formato tra Roma, Bologna e New York. Ha inventato il Gatto Morto. Nelle librerie c'è Il padre è nudo (Baldini+Castoldi) e Umani a Milano per Progetto Arca (Gribaudo).
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Una risposta a Biblioteche

  1. Teresa ha detto:

    grazie Stefano! anche io “continuo ad amare le biblioteche comunali, ma le sogno migliori di come sono” .. e non solo quelle.

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